In assenza di Piranesi: l’immagine calcografica di Roma nei primi decenni dell’Ottocento

Ilaria Fiumi Sermattei
Ilaria Fiumi Sermattei
Storica dell'arte
Istituto centrale per la grafica

Gli anni che intercorrono tra il trasferimento a Parigi della raccolta calcografica di Giovanni Battista Piranesi, nel 1799, messo in atto dai figli dell’incisore veneto che si erano compromessi nelle vicende politiche della Repubblica romana, e il ritorno della stessa raccolta nell’Urbe, nel 1838, grazie all’iniziativa del suo acquisto promosso da papa Gregorio XVI, sono segnati da un’assenza. È, appunto, l’assenza dell’opera di Piranesi, che incide nel panorama artistico romano, pubblico e privato, tanto ed ancor più di quanto avrebbe sortito la sua permanenza materiale in città.

Veduta del Campo Vaccino
Giovanni Battista Piranesi, Veduta del Campo Vaccino, in Vedute di Roma disegnate e incise da Giambattista Piranesi, 1775 ca., acquaforte con interventi a bulino.
© Roma, Istituto centrale per la grafica, inv. CL2416_19455

Paradossalmente, in questo torno di anni la suggestiva immagine di Roma genialmente elaborata da Piranesi nelle sue matrici, con gli antichi monumenti inseriti in suggestivi scorci paesaggistici, viene prodotta fuori di Roma, e proprio nella città che sul piano della cultura figurativa l’aveva ormai sostituita nel ruolo di capitale culturale europea, Parigi. In una visione di lungo periodo, il trasferimento della produzione dell’immagine di Roma in un luogo altro da sé assume un carattere esemplare e profetico, quale prefigurazione del definitivo distacco della città reale dalla sua immagine mitizzata. Distacco che si consoliderà ulteriormente, nella diversa declinazione del mito della capitale del Regno d’Italia, a fine secolo, e, nel Novecento, di quella dell’Impero fascista.

Ma quale è l’immagine della città che nell’età della Restaurazione si presenta agli abitanti ed ai forestieri che giungono a Roma nel percorso del Grand Tour? Con la fine dell’Ancien Régime, le vicende rivoluzionarie e napoleoniche avevano operato una radicale, per quanto effimera, riformulazione dell’immagine dell’Urbe sotto le due occupazioni francesi, in senso repubblicano prima e poi imperiale. Tale riformulazione si era sovrapposta all’immagine precedente, di matrice cattolica e pontificia, interrompendone la tradizione millenaria e contaminandone la memoria.

Tommaso Piroli Repubblica
Tommaso Piroli (inc.), Charles Humbert (dis.), Paolo Bargigli (inv.), Alla perpetuità della Repubblica, 1799 circa, acquatinta.
© Roma, Istituto centrale per la grafica, inv. FC123503
Piroli La Patria Riconoscente
Tommaso Piroli (inc.), Humbert Charles (dis.), Paolo Bargigli (inv.), La Patria riconoscente, 1799 circa, acquatinta.
© Roma, Istituto centrale per la grafica, inv. FC123502

Così, nel 1818 la Roma della Restaurazione appare a Shelley quale «a city, as it were, of the dead, or rather of those who cannot die, and who survive the puny generations wich inhabit and pass over the spot wich they have made sacred to eternity» . In questa città condannata a sopravvivere a sé stessa, e come l’intera Italia bella, proprio perché in rovina , la presenza soverchiante delle antichità innesca, per contrasto, la reazione risentita delle ultime generazioni, come dei giovani Giacomo Leopardi e Massimo d’Azeglio. Contrapponendo all’antico i valori della poesia, dell’arte, del vero e dell’oggi si giunge così alla “svolta romantica” che attraversa il secolo. Su altro versante, la permanente eredità del passato favorisce un progressivo approfondimento scientifico e metodologico che nel corso dell’Ottocento trasformerà l’antico da «paradigma, sorgiva e mimesi» in «studio, alterità, epperò indagine, ricerca, ricostruzione, cioè storia» .

Al di là del fecondo confronto, anche per contrasto, con l’antico, l’immagine di Roma nell’età della Restaurazione è chiamata a ricomporsi più organicamente nella propria specifica matrice cristiana e cattolica. In un rinnovato clima politico e spirituale, s’impongono come protagonisti della rappresentazione quei moderni monumenti della religione meta dei pellegrini che giungono in città per il giubileo del 1825, dopo mezzo secolo dalla celebrazione del 1775 avendo le vicende rivoluzionarie reso impossibile quello di inizio secolo. È questa la fondamentale innovazione rispetto all’immaginario settecentesco ed in specie piranesiano, una variante che condiziona in forma imprescindibile la produzione artistica rappresentando il punto di svolta del secolo XIX. Con la «perdita del centro» si pone il quesito sulla specifica distinzione della matrice cristiana, e cattolica, del monumento, dell’opera d’arte, della committenza, del fare arte e dell’essere artista. Distinzione che li caratterizzi rispetto al resto della produzione artistica, in una età che, di converso, vive gli esiti della profonda secolarizzazione avviata nel secolo precedente e via via sempre più permeante l’intera società.

L’Antico, immaginato e studiato, e il primato della Religione possono essere assunti quali coordinate sulle quali si muovono, con diversi temperamenti, i protagonisti della produzione calcografica romana che nei primi decenni della Restaurazione si misurano sul tema della città.

A raccogliere l’eredità di Piranesi nella Roma della Restaurazione è, dapprima, Luigi Rossini, che approfitta dell’assenza delle matrici piranesiane per occupare il mercato calcografico con una sua personale elaborazione dell’immagine della città nei souvenir destinati ai viaggiatori del Grand Tour in crescente ripresa.

Frontespizio Antichità Romane
Luigi Rossini (dis. e inc.), Frontespizio delle Antichità romane, 1823, acquaforte.
© Roma, Istituto centrale per la grafica, inv. CL2374_17750
Avanzi della Rupe Tarpeia
Luigi Rossini (dis. e inc.), Veduta degl'avanzi della Rupe Tarpeia, 1822, acquaforte.
© Roma, Istituto centrale per la grafica, inv. CL2375_17811
Veduta dell’insigne Basilica Vaticana
Luigi Rossini (dis. e inc.), Veduta dei grandi avanzi degli acquedotti di Nerone, 1823, acquaforte.
© Roma, Istituto centrale per la grafica, inv. CL2374_17778
Veduta Sepolcro Cecilia Metella
Luigi Rossini (dis. e inc.), Veduta del sepolcro di Cecilia Metella, 1822, acquaforte.
© Roma, Istituto centrale per la grafica, inv. CL2374_17786
Veduta colossi sul Monte Quirinale
Luigi Rossini (dis. e inc.), Veduta generale dei gran colossi sul Monte Quirinale, 1819, acquaforte.
© Roma, Istituto centrale per la grafica, inv. CL2374_17765
Veduta scavo Colonna di Foca
Luigi Rossini (dis. e inc.), Veduta dello scavo della Colonna di Foca, 1822, acquaforte.
© Roma, Istituto centrale per la grafica, inv. CL2375_17816

Nelle Antichità romane e nelle altre opere di Rossini il riferimento all’incisore veneto è dichiarato esplicitamente: analoga la scelta dei soggetti e dei punti di ripresa, la passione per le antichità di Roma, la fantasia e la magnificenza delle architetture. Si giunge al ricalco biografico, nell’originaria formazione da architetto e nella vivace attività imprenditoriale condotta nella stessa strada Felice, attuale via Sistina, fino alla collocazione del busto del maestro che domina lo studio rossiniano quale nume tutelare. Rispetto al modello piranesiano l'opera di Rossini si pone anche come necessario aggiornamento dell'immagine di Roma alla luce dei più recenti ritrovamenti archeologici, restauri ed interventi di ornato della città. Pure non si deve sottovalutare l’apporto dell’opera di Giuseppe Vasi, che, con la recezione del rinnovato clima politico e culturale di inizio secolo, concorre a «normalizzare» nelle incisioni di Rossini la lezione piranesiana prefigurando quelli che saranno, di lì a poco, gli esiti della fotografia .

Piranesi è il riferimento imprescindibile di un altro artista, Antonio Sarti, anch’esso architetto, nella cui opera la lezione piranesiana risulta più profondamente incisiva.

Avanzi Basilica Costantino
Antonio Sarti (dis. e inc.), Avanzi della Basilica di Costantino, 1838, acquaforte.
© Roma, Istituto centrale per la grafica, inv. FC52807

È lo stesso Sarti a rivelare l’intenzione di corrispondere ad un comune desiderio di recuperare le suggestive atmosfere di Piranesi nella rinnovata temperie politica e religiosa della Restaurazione. Nel Manifesto di associazione della serie di incisioni calcografiche intitolata Basiliche e Chiese di Roma, pubblicata tra il 1825 e il 1829, egli apertamente dichiara «Era nel desiderio di molti che le Scenografie delle più cospicue Chiese di Roma venissero disegnate ed incise, secondo la maniera del Piranesi». La tecnica a morsura multipla con piccoli ritocchi a bulino, di ascendenza piranesiana, viene assunta da Sarti per completare l’immagine di Roma antica con i monumenti della tradizione religiosa, riflettendo pienamente quel tentativo di «risacralizzazione» dell’Urbe messo in atto ad ampio raggio dalla Chiesa per contrastare e superare, nell’immagine come nei contenuti, il periodo francese percepito come una profanazione . Anche Enrico Lovery, nel 1825, recensendo nelle Memorie romane di antichità e belle arti i primi soggetti stampati dal giovane Sarti, ne riconosce l’opera «sulle orme del celebre Piranesi» valorizzandone l’opportuno aggiornamento nella scelta dei soggetti, dato che «nissuno ancora avea fatto per i sacri in modo che non lasciasse desiderio del meglio» . Ne nasce una monumentale rappresentazione delle antichità cristiane di Roma, dalle fondazioni costantiniane all’età contemporanea, che traspone le suggestioni piranesiane in un contesto già modernamente romantico.

Intero Basilica di Santa Maria in Cosmedin
Antonio Sarti (dis. e inc.), Interno della Basilica di Santa Maria in Cosmedin, 1829, acquaforte.
© Roma, Istituto centrale per la grafica, inv. FC52800
Interno S. Pietro in Vaticano
Antonio Sarti (dis. e inc.), Interno della patriarcale Basilica di San Pietro in Vaticano, 1825, acquaforte.
© Roma, Istituto centrale per la grafica, inv. FC52803
Interno di Santa Maria ad Martyres
Antonio Sarti (dis. e inc.), Interno della insigne Basilica di Santa Maria ad Martyres, 1829, acquaforte.
© Roma, Istituto centrale per la grafica, inv. FC52798
Veduta Sepolcro Cecilia Metella
Antonio Sarti (dis. e inc.), Interno della insigne Basilica di Santa Maria in Trastevere, 1825, acquaforte.
© Roma, Istituto centrale per la grafica, inv. FC52796
Veduta colossi sul Monte Quirinale
Antonio Sarti (dis. e inc.), Interno della chiesa di Santa Maria degli Angeli, 1828, acquaforte.
© Roma, Istituto centrale per la grafica, inv. FC52794

Infine, un’ultima, diversa opzione dell’immagine di Roma è quella, lucidamente analitica, perseguita da Luigi Poletti, che nel terzo decennio del XIX secolo è il giovane assistente di Pasquale Belli nel cantiere di ricostruzione della basilica di San Paolo fuori le mura distrutta da un incendio nel 1823.

Negli stessi anni Poletti è impegnato per la Calcografia Camerale in un’opera che rimarrà incompiuta, intitolata Fabbriche di Roma del secolo XV e XVI. I disegni, delineati a contorno, rivelano un nuovo interesse per l’architettura del passato, ora intesa quale fecondo repertorio per la progettazione storicista.

Anonimo Prospetto chiesa San Giacomo degli Spagnoli
Anonimo (inc.), Luigi Poletti (dis.), Prospetto della chiesa di San Giacomo degli spagnoli, in Fabbriche di Roma del secolo XV e XVI, 1828-1830, acquaforte.
© Roma, Istituto centrale per la grafica, inv. CL2301_10142
Poletti Prospetto chiesa San Giacomo degli Spagnoli
Luigi Poletti, Prospetto della chiesa di San Giacomo degli spagnoli, 1828-1830, disegno, matita nera e rossa.
© Roma, Istituto centrale per la grafica, inv. CL661

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Continuare >>>La visione dell’antico. Giambattista Piranesi nelle legature del fondo Corsini


Riferimenti bibliografici
  • Boutry, Philippe (1997): "Une théologie de la visibilité. Le projet zelante de resacralisation de Rome et son échec (1823-1829)", in Maria Antonietta Visceglia e Catherine Brice (a cura di), Cérémonial et rituel à Rome, Roma, Ecole Française de Rome.  
  • Sapori, Giovanna (2003): “Le rovine, le chiese, la città nelle vedute di Rossini e Sarti”, in Sandra Pinto, Liliana Barroero e Fernando Mazzocca (a cura di), La Maestà di Roma, da Napoleone all’ Unità d’Italia. Universale ed Eterna. Capitale delle Arti, Milano, Electa.
  • Scaloni, Giovanna (2014): “Dal disegno acquerellato alla matrice. Analisi di un metodo”, in Maria Antonella Fusco e Nicoletta Ossanna Cavadini (a cura di), Luigi Rossini incisore, 1790-1857. Il viaggio segreto, Milano, Silvana Editoriale, pp. 62-75. 
  • Sedlmayr, Hans (1974): Perdita del centro: le arti figurative dei secoli diciannovesimo e ventesimo come sintomo e simbolo di un'epoca, Milano, Rusconi.  
  • Shelley, Percey Bisshe (1906): The prose work, vol. II, Londra.  
  • Treves, Piero (1962): “Introduzione”, in Piero Treves (a cura di), Lo studio dell'antichità classica nell'Ottocento, Verona, Ricciardi Editore.  
  • Venturi, Franco (1973): “L'Italia fuori d'Italia”, in Ruggiero Romano e Corrado Vivanti ( a cura di), Storia d'Italia, III: Dal primo Settecento all'unità, Torino, Einaudi.